Vi propongo una lezione sulla fotosintesi che consta di una breve introduzione teorica e delle istruzioni per portare avanti ed analizzare un esperimento. La lezione può essere seguita da giovani scienziati (scuole superiori o università) in autonomia oppure può essere organizzata da un insegnante per i suoi studenti.
In questa pagina troverete:
- il testo della lezione introduttiva con domande e suggerimenti per pensare ad un esperimento che metta alla prova le teorie esposte e ci consenta di osservare con i nostri occhi la fotosintesi in azione
- il protocollo per preparare l’esperimento o guida per l’esercitatore
- il protocollo per eseguire l’esperimento
- le istruzioni per analizzare i dati ottenuti
- i dati ottenuti da altri sperimentatori prima
- alcune considerazioni per interpretare e riflettere su quanto osserviamo
- la formalizzazione di questa unità di apprendimento: quali sono gli obiettivi, quali le strade per raggiungerli e come testare se li abbiamo raggiunti)
1. Introduzione:
Produzione e consumo di CO2 e O2 in una foglia in risposta alla luce
Senza macchinari tecnicamente avanzati, ma con il più sofisticato degli strumenti a disposizione, il suo intelletto critico, Jan Baptista van Helmont osservò già nel 1600 che una pianta di salice lasciata crescere in un vaso pieno di terra per 5 anni, aumentava la sua massa di circa 74 Kg, senza che a questo aumento corrispondesse un parallelo decremento della massa del suolo nel quale era immersa. Ne dedusse che la materia necessaria alla produzione dei tessuti della pianta non proveniva certo dal suolo. Osservazioni fatte da diversi scienziati negli anni da lì a venire evidenziarono che una buona parte dell’acqua somministrata alla pianta finiva sotto forma di vapore acqueo e pertanto la quantità assorbita non era di nuovo sufficiente a giustificare l’aumento di massa della pianta. Cosa mangiava dunque la pianta? Si vide che la luce era fondamentale perché la pianta potesse crescere, e che altrettanto necessari erano l’aria, o più specificatamente la CO2, e, per l’appunto l’acqua. [il testo per una lezione dettagliata sugli esperimenti chiave nella scoperta della fotosintesi fra il 1600 e il 1800 è disponibile cliccando su questo link; gli stessi contenuti sono anche disponibili come presentazione] Mentre gli animali mangiavano materia complessa e, smontandola, ne traevano l’energia e i mattoncini per costruire la propria, le piante erano in grado di utilizzare l’energia della luce per produrre la materia complessa di cui avevano bisogno a partire da mattoncini molto semplici.
Il complesso macchinario che le piante hanno sviluppato durante l’evoluzione per realizzare la trasformazione della luce in una piccola corrente elettrica e quindi in energia chimica utilizzabile dalla cellula, somiglia molto da vicino all’immagine rappresentata schematicamente qua sotto: un sistema di raccolta della luce convoglia i fotoni verso i fotosistemi; qui l’energia di ogni fotone è utilizzata per spostare un elettrone da un donatore iniziale ad un accettore finale attraverso una catena di trasportatori intermedi, producendo così una piccola corrente elettrica; l’energia liberata dal gradiente elettronico viene in parte immagazzinata sotto forma di NADPH ridotto, in parte utilizzata per produrre un gradiente di protoni utilizzato per la sintesi di ATP.
Come potete osservare già in questa prima parte del processo c’è un substrato netto che viene consumato, l’acqua, ed uno che viene liberato, l’ossigeno molecolare.
Ma non finisce qui, l’energia immagazzinata temporaneamente in ATP e NADPH è poi utilizzata nel ciclo di Calvin: la CO2 viene ridotta ed utilizzata per sintetizzare molecole più complesse, gli zuccheri, che la pianta utilizzerà per costruire la sua massa.
Quindi in sintesi, se volessimo misurare l’attività fotosintetica in risposta alla luce, quali saranno i nostri substrati che spariscono ed i nostri prodotti che si formano?
Acqua e anidride carbonica vengono consumati in risposta alla luce, mentre ossigeno gassoso e zuccheri vengono a formarsi.
Attenzione però, anche le piante hanno dei mitocondri e sanno portare avanti la respirazione cellulare, pertanto nel nostro esperimento dovremo tener conto nel bilancio anche del contributo della respirazione. Chi sono i substrati e i prodotti della respirazione? Quanto incideranno sul bilancio totale a luce accesa? E quanto invece a luce spenta?
Bene e ora tocca alla vostra fantasia di scienziati: una volta identificati i substrati ed i prodotti della nostra reazione, come potremmo misurarne la diminuzione o l’incremento?
Provo a suggerirvi alcune osservazioni:
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- La quantità di CO2 disciolta in una soluzione provoca un cambiamento del pH (sapreste spiegare perché?). Cambiamenti di pH sono facilmente misurabili per mezzo di substrati colorati che cambiano colore al modificarsi del pH (questo stesso principio è utilizzato per produrre le famose cartine al tornasole) o per mezzo di un elettrodo a vetro come nei pH-metri
- L’ossigeno molecolare è un gas che all’interno di un liquido forma bollicine visibili anche ad occhio nudo
- Un cambiamento di disponibilità di ossigeno in una soluzione può condurre una reazione di ossidoriduzione che può essere misurata come corrente elettrochimica all’interno di un sistema controllato, come ad esempio il il sensore di Clark
2. Da sapere prima
protocollo per preparare l’esperimento/ guida per l’esercitatore
Materiale necessario per ogni esperimento:
Una busta di Foglie di spinaci freschi in busta in atmosfera modificata da tenere in frigo fino al momento dell’uso
Acqua
Detergente non concentrato e senza addensanti
Bicarbonato di sodio (NaHCO3)
Un bicchiere di plastica, per raccogliere gli scarti liquidi
Macchinetta per fare i buchi
Spatola di metallo, cucchiaino di plastica, stuzzicadenti
Lampada a luce bianca
Una siringa senza ago
Fogli di carta stagnola o una scatola per coprire la luce
Nastro adesivo, pennarello
Carta millimetrata, righello, matita
Orologio/timer
Come accertarsi che l’allestimento sperimentale è funzionante (per l’insegnante o l’esercitatore che prepara per i suoi studenti)
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Per avere foglie fotosinteticamente attive e standardizzare l’esperimento fra vari laboratori è consigliato l’uso di spinaci freschi in busta chiusa, con atmosfera modificata. Le buste vanno acquistate il giorno precedente o il giorno stesso dell’esperimento e vanno conservate sempre in frigorifero mantenendo la confezione integra fino al momento dell’utilizzo.
Gli spinaci lasciati all’aria perdono turgore e non funzionano altrettanto bene.
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Il detergente danneggia il rivestimento ceroso della cuticola, facilitando l’ingresso della soluzione negli spazi vuoti della foglia. Se presente in eccesso, però, ostacola la formazione delle bolle di ossigeno e i dischetti non verranno mai a galla. Suggeriamo di acquistare un detergente non concentrato e senza addensanti di marca qualsiasi oppure di farie varie prove di diluizione con un detergente concentrato. Nel test preliminare, se il detergente è in eccesso si vedono molte bolle e i dischetti non galleggiano in risposta alla luce, se è troppo poco si ha un numero rilevante di falsi positivi (ovvero un po’ di foglie galleggiano anche al buio).
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Bicarbonato di sodio (NaHCO3)
Si può utilizzare anche quello per alimenti, del supermercato. Dopo aver ottimizzato la concentrazione di detergente, preparare le soluzioni A e B come segue (dosi per 500 mL):
soluzione A: aggiungere 0,5 mL di detergente diluito a 1 L di acqua distillata
soluzione B: pesare 5 g di NaHCO3 e aggiungere soluzione A fino a raggiungere 500ml finali di soluzione (concentrazione finale del bicarbonato 1 % – una qualsiasi concentrazione compresa fra 0,2% e 1% va bene)
Usando acqua di rubinetto, che spesso contiene calcare, aumenta la disponibilità di carbonato anche nella soluzione A, ma non si ha più il controllo sulla quantità esatta di CO2 disponibile nei vari esperimenti.
Macchinetta per fare i buchi
Suggeriamo di testarne il buon funzionamento sulle foglie prima di consegnarla agli studenti: se i bordi non sono taglienti, si producono dischi di forma irregolare e si allungano i tempi di taglio e selezione dei dischetti, aumentando la probabilità che i dischetti di foglia da utilizzare per l’esperimenti si deteriorino prima che l’esperimento sia iniziato.
Fra tutte le variabili che incidono sulla cinetica e sulla buona riuscita dell’esperimento quella decisiva è l’intensità luminosa.
- Se la luce è bassa i tempi di accumulo dell’ossigeno che fa galleggiare le foglie sono molto lunghi.
- Se la luce è troppo forte, ci può essere fotoinibizione (che rallenta la produzione di ossigeno) e al limite anche un surriscaldamento del campione che di conseguenza smette di essere fotosinteticamente attivo. In realtà il rischio di fotoinibizione e riscaldamento in queste condizioni sperimentali è in genere molto basso.
- Più grande è l’intensità luminosa più veloce è la risalita delle foglie. Attenzione però: più alta è l’efficienza fotosintetica più ossigeno si accumula, più tempo ci mettono le cellule a consumarlo in assenza di luce (i dischetti salgono in fretta, ma poi scendono molto lentamente). Pertanto la soluzione migliore è trovare un compromesso: l’efficienza di luce minima che fa salire i dischetti nei tempi stabiliti e poi permette che scendano nella successiva mezz’ora – 45 minuti.
Con lampade da 60W a distanza di circa 10-15 cm dall’esperimento i dischetti di foglia salgono in 15-20 minuti di esposizione alla luce e scendono in circa 35-60 minuti al buio. Anche altre lampade possono andare, ma poi la cinetica dell’esperimento cambia molto.
Per cambiare l’intensità della luce, basta avvicinare e allontanare la sorgente luminosa (usando per es. una lampada con braccio regolabile) dal beaker con i dischetti di foglia. Se i primi dischetti di foglia non sono saliti entro 10-15 minuti da quando la lampada è accesa, nel test di prova dell’allestimento sperimentale, avvicinate la fonte di luce al beaker.
Luce blu, luce rossa e luce verde
L’esperimento può essere effettuato anche assegnando ad alcuni gruppi fonti luminose che supportano molto (blu e rossa) o molto poco (verde) l’attività fotosintetica. E’ importante scegliere sorgenti luminose “pure”, molte lampade colorate disponibili in commercio emettono uno spettro luminoso molto più colorato dell’atteso. Ideale è utilizzare delle luci a Led di intensità sufficiente e, ovviamente, se si comparano vari colori, l’intensità luminosa dei vari led deve essere la stessa. Una terna sperimentale ideale potrebbe essere rappresentata da un led RGB da 3W con la possibilità di scegliere il singolo colore o la luce bianca
3. Il protocollo per eseguire l’esperimento
Preparare una soluzione contenente 1 ml di detergente diluito per ogni litro di acqua distillata (Soluzione A).
Prelevare una parte della Soluzione A e aggiungere 0,2 g di Sodio Bicarbonato ogni 100 mL di acqua soluzione (Soluzione B).
Per ogni esperimento produrre almeno 60 dischetti di foglie di spinacio utilizzando le foglie fresche e la macchinetta per fare i buchi. Evitate le nervature principali quando tagliate i dischetti. Si ottengono i migliori risultati sperimentali utilizzando spinaci in busta in atmosfera modificata tenuti in frigo fino al momento dell’utilizzo
Prendete una decina di dischetti e immergeteli in Soluzione A all’interno di un bicchierino di vetro (ad esempio 50 mL in un bicchierino da 75 mL).
Osservate la posizione dei dischetti: quanti galleggiano e quanti vanno a fondo? Aspettate qualche minuto e ripetete l’osservazione. Prendete nota di questi primi dati. Marcate chiaramente l’esperimento mettendo un pezzettino di nastro adesivo sul bicchierino di vetro siglato in modo tale che possa essere chiaramente riconosciuto.
Aprite la siringa da 50ml, mettete 20 dischetti all’interno della siringa e rimontatela. Quindi aspirate 20-30ml di Soluzione B contenente sodio bicarbonato e detergente. Osservate la posizione dei dischetti all’interno della soluzione (vanno a fondo o stanno a galla?).
Fate uscire l’aria dalla siringa il più possibile, quindi mettete un dito davanti all’apertura della siringa per sigillarla ed iniziate ad aspirare. Se avete fatto tutto correttamente dovreste incontrare resistenza, perché state facendo il vuoto all’interno della siringa. Ripetete questa operazione 2-3 volte e dopo ogni volta osservate la posizione dei dischetti nella colonna di soluzione. Prendete nota di queste nuove osservazioni.
Preparate un secondo bicchierino di vetro contenente il medesimo volume del precedente di Soluzione A.
Espellete la soluzione dalla siringa in un contenitore per i rifiuti liquidi e trasferite i soli dischetti di foglia dentro al bicchierino di vetro contenente la soluzione di acqua e detergente. Osservate di nuovo: i dischetti galleggiano o vanno a fondo nella soluzione acquosa? Prendete nota del risultato. Siglate anche in questo caso il vostro esperimento in modo tale da poterlo riconoscere.
A questo punto mettete entrambi i bicchierini di vetro (quello con i dischetti di foglia non trattati e quello con i dischetti di foglia infiltrati con bicarbonato) sotto una scatola per coprire la luce. Ogni 2 minuti aprite la scatola, mescolate con delicatezza (facendo ruotare leggermente il bicchierino di vetro sul piano) e contate quanti dischetti di foglia sono a galla e quanti sono a fondo nei due esperimenti. Prendete nota dei risultati. Portate avanti l’osservazione per circa 10 minuti.
Al termine dei 10 minuti, accendete la lampadina del colore che vi è stato fornito sui vostri esperimenti. Ripetete le osservazioni , mescolando delicatamente e contando i dischetti a galla e a fondo nei due esperimenti ogni due minuti. Prendete nota dei risultati raccolti. Portate avanti l’esperimento fin quando lo ritenete utile (ad esempio fino a quando tutti i dischetti saranno a galla).
Quando avete raccolto una quantità di dati a vostro parere significativa in risposta alla luce, spegnete la luce e mettete gli esperimenti dentro la scatola. Continuate ad aprire, mescolare e contare ogni 2 minuti. Questa volta di nuovo sarete voi a stabilire quanto a lungo è necessario portare avanti l’esperimento. Continuate a tenere nota di tutte le vostre osservazioni.
A questo punto, dati alla mano possiamo fermarci un po’ ad osservare gli effetti della luce sul nostro campione e magari possiamo anche distinguere l’effetto di luci di colori diversi sulle nostre foglie.
Abbiamo osservato gli effetti prodotti da una certa quantità di luce di un determinato colore. Proviamo ora a ripetere l’esperimento utilizzando quantità diverse di ciascuna delle luci che avete usato anche nell’esperimento precedente. Come facciamo a far raggiungere il campione da un diverso numero di fotoni ? Potete mettere la sorgente luminosa a diverse distanze e potete misurare con un quanto radiometro spettrometro che la quantità di luce che arriva sull’esperimento cambia. Progettate l’esperimento per raccogliere i dati riguardanti la risposta dei dischetti di foglia ad almeno 3 diverse intensità luminose e portate avanti l’esperimento come ormai sapete, raccogliendo tutte le informazioni in modo certosino.
Possiamo fare delle considerazioni, dati alla mano, sull’effetto di diverse quantità di luce sul comportamento dei dischetti?
A questo punto accertatevi di avere tutti i dati e nei prossimi giorni provate a realizzare dei grafici in cui metterete in relazione il numero di dischi che galleggiano con il tempo trascorso dall’accensione della luce o dal suo spegnimento; la velocità con cui raggiungete la metà dei dischi galleggianti in risposta a intensità luminose diverse o a colori di luce diversi.
Infine tagliate 10 nuovi dischetti dalle vostre foglioline di spinacio. Mettete 5 dischetti dentro ad un tubino trasparente (ad esempio di tipo eppendorf da 2mL) contenente 1 mL di Soluzione C (acqua del rubinetto + indicatore Blu di Bromotimolo 0,02%). Preparatene un secondo uguale. Osservate il colore. Mettete un tubino al buio e uno alla luce. Lasciate i tubini per 15 minuti e quindi osservate di nuovo il colore. Notate differenze nel campione al buio e in quello alla luce? Sapreste spiegare cosa potrebbe produrre differenze di pH nei due campioni?
4. Come scrivere rappresentare ed analizzare i dati ottenuti
Raccolta dei dati
Realizzate delle tabelle nelle quali per ciascuno dei vostri esperimenti riportate i minuti dall’inizio dell’esperimento e il numero di dischi che galleggiano che avete contato in quel momento. Qui di seguito è riportato un esempio di come apparirà una vostra tabella. Realizzerete molte di queste tabelle, ad esempio una per i dischetti non trattati, una per i dischetti trattati, una per ciascun esperimento realizzato a intensità luminose diverse. Tutti questi dati costituiscono il risultato più prezioso del laboratorio e i dovrete condividere così come sono perché possano essere visualizzati e analizzati da tutti gli studenti.
Alcuni esperimenti saranno realizzati con le stesse modalità da persone diverse e costituiscono pertanto delle repliche sperimentali su cui possiamo fare delle considerazioni di tipo statistico.
Rappresentazione dei dati
Utilizzate i dati raccolti per realizzare dei grafici in cui il numero di dischi che galleggiano è rappresentato in funzione del tempo. In questo grafico indicherete con delle frecce, come nel grafico riportato come esempio qui di seguito, il momento in cui la luce è stata accesa e spenta. Potete trovare una funzione che vi descriva la velocità di galleggiamento in risposta alla luce? E la velocità di precipitazione in risposta allo spegnimento della luce?
Questa rappresentazione vi permette di fare delle prime considerazioni sui vostri dati. Meglio lo rappresentate e meglio lo analizzate e commentate, più efficaci sarete nel comunicare al resto della classe (la vostra comunità scientifica) il risultato del vostro esperimento. Tutti i risultati sperimentali di tutti i gruppi devono essere consegnati agli esercitatori, in modo tale che, nella lezione conclusiva, si possano confrontare le repliche sperimentali e gli esperimenti diversi per trarre delle conclusioni, discutendone tutti insieme.
Intanto il grafico dei risultati ottenuti da un gruppo di esercitatori in fase di testing è disponibile a questo link.
Rielaborazione dei dati
Dai grafici in cui avete rappresentato i dati, sarà facile trovare l’intervallo di tempo necessario in ciascun esperimento, perché la metà dei dischetti presente in soluzione galleggi. Ora potete ulteriormente analizzare i dati andando a guardare se c’è una relazione fra questo tempo e le diverse quantità di luce che avete utilizzato per i vostri esperimenti. Potete trovare una funzione che descriva questa relazione? Cosa vi dice questa funzione? Cosa potete dire riguardo al vostro esperimento, era progettato bene? Potreste ripeterlo o riprogettarlo meglio?
6. Alcune considerazioni per interpretare e riflettere su quanto osserviamo
Perchè luci diverse sembrano avere diversi effetti sull’efficienza fotosintetica?
I dati che avete raccolto contando il numero di dischetti di foglia che galleggiano nell’unità di tempo in seguito ad un evento (luce di un certo tipo accesa) costituiscono una misura indiretta della quantità di ossigeno prodotto grazie alla fotosintesi e quindi una misura indiretta dell’efficienza fotosintetica stessa.
Guardando i vostri dati forse è possibile fare alcune considerazioni riguardo all’efficienza fotosintetica in risposta a diverse quantità e tipi di luce:
Quantità della luce
Più luce arriva ai fotosistemi e più energia luminosa verrà trasformata in energia chimica. Tuttavia come ogni macchinario che riceve un input e vi restituisce un output, se troppi input arrivano in troppo poco tempo la macchina non è in grado di gestirli efficacemente e rischia di bloccarsi o rovinarsi. I fotosistemi pertanto si sono organizzati con un sistema di protezione: quando la luce che raggiunge la foglia supera una carta soglia, questa viene schermata prima di raggiungere i fotosistemi che vengono così protetti. L’efficienza fotosintetica cresce quindi in risposta all’aumento della luce fin quando non si raggiunge la quantità soglia che la pianta è in grado di gestire. Sapreste stabilire dai vostri esperimenti se è stata raggiunta o meno la quantità soglia?
Qualità della luce
Ogni pigmento delle piante assorbe alcuni colori di luce meglio di altri.
La clorofilla assorbe molto bene la luce rossa e quella blu, ma non quella verde; dato che la pianta utilizza la clorofilla per la fotosintesi, questo processo risulta più efficiente con luce rossa e blu che con l’equivalente di luce verde.
Perchè il galleggiamento è una buona misura dell’attività fotosintetica?
Come avrete avuto modo di osservare molte volte in precedenza e anche durante la nostra esercitazione, le foglie galleggiano sulla gran parte delle soluzioni acquose. Questo fenomeno dipende dalla loro anatomia e dalla loro densità. Al fine di esporre alla luce la gran parte delle cellule fotosintetizzanti possibili, le foglie sono di solito piatte e sottili, forma che ne favorisce il galleggiamento. Nella pagina inferiore si trovano gli stomi, aperture deputate allo scambio gassoso. Come potete ben vedere nell’immagine riportata qui di seguito tratta da wikipedia, la porzione di tessuto fogliare che si trova in prossimità degli stomi presenta degli spazi vuoti fra le cellule fotosintetizzanti,. E’ in questi spazi che viene a formarsi l’equilibrio fra i gas assorbiti e quelli rilasciati dalle cellule. La presenza di questo spazio gassoso interno conferisce alla foglia una densità più bassa di quella dell’acqua e ne favorisce il galleggiamento. Se lo spazio vuoto all’interno della foglia viene infiltrato con una soluzione gassosa o liquida si produce una alternazione della densità ed eventualmente anche del galleggiamento
Nel nostro esperimento lo spazio vuoto è stato riempito con una soluzione acquosa di sodio bicarbonato e questo ha aumentato la densità della cellula tanto da farla andare a fondo.
In presenza di luce fotosinteticamente attiva osserviamo che i nostri dischetti di foglie rilasciano delle bollicine nel mezzo acquoso circostante ed inoltre iniziano a salire nella colonna d’acqua fino a portarsi di nuovo a galla. Quando vengono raggiunte dalla luce, le cellule clorenchimatiche effettuano la fotosintesi e, grazie all’energia della luce, idrolizzano l’acqua a idrogeno ed ossigeno gassoso. L’ossigeno liberato diffonde in parte verso l’esterno della foglia ma anche una parte nello spazio tra una cellula e l’altra interno alla foglia stessa. In questo modo l’ossigeno prodotto abbassa di nuovo la densità della foglia e la porta a galleggiare.
Quando la luce viene spenta di nuovo non si produce più ossigeno per mezzo della fotosintesi, ma l’ossigeno intrappolato nello spazio intercellulare dovrebbe comunque tenere le foglie a galla. Quello che osserviamo invece è che spegnendo la luce i dischetti vanno a fondo. L’ossigeno deve essere stato consumato in qualche modo. La respirazione infatti sta avvenendo all’interno delle cellule ed utilizza ossigeno per bruciare gli zuccheri. Man mano che l’ossigeno intrappolato fra le cellule viene consumato la densità della foglia aumenta di nuovo e i dischetti vanno a fondo. Come facciamo a sapere che sta avvenendo la respirazione? Possiamo misurare il consumo di zuccheri all’interno della foglia e l’emissione di anidride carbonica nel mezzo acquoso. Se effettuiamo queste misure, scopriamo che la respirazione, come atteso, stava avvenendo anche alla luce, ma la quantità di ossigeno prodotta dalla fotosintesi nell’unità di tempo superava di gran lunga quella consumata dalla respirazione, permettendo così all’ossigeno gassoso di accumularsi e al dischetto di venire a galla. Sulla base di queste spiegazioni, sapreste fare delle considerazioni sulla cinetica di accumulo e consumo dell’ossigeno che avete misurato rispettivamente dopo aver acceso la luce e dopo averla spenta?
7. La formalizzazione di questa unità di apprendimento: quali sono gli obiettivi, quali le strade per raggiungerli e come testare se li abbiamo raggiunti)
[in fase di elaborazione]
I giovani che hanno già sperimentato questa attività:
Questa attività, così come è descritta in questo blog e con alcune varianti è stata utilizzata durante i corsi di Biologia Molecolare e Biotecnologie e anche per la fase di istituto Italiana delle Olimpiadi Europee della Scienza EUSO 2017. Per gli studenti che abbiamo osservato, questo esperimento ha rappresentato una sfida sia in fase di realizzazione che di elaborazione dei dati. Per quanto riguarda l’esecuzione dell’esperimento, la preparazione del materiale da parte dell’insegnante è cruciale: l’introduzione di varianti rispetto al protocollo proposto (cambio della pianta e cambio del tipo di luce) ha prodotto una profonda alterazione della cinetica dell’esperimento e l’assenza di risultati in molte scuole. Al contrario l’esperimento eseguito come descritto è molto riproducibile. Per quanto riguarda l’interpretazione dei dati, questa risulta difficoltosa in generale per gli studenti delle scuole superiori, che commettono frequenti incoerenze. Se la fase di interpretazione è però guidata dall’insegnante e il tempo dedicato a questa fase è sufficiente i risultati di apprendimento, soprattutto in termini di competenze (acquisizione del metodo scientifico, esercizio del pensiero critico) sono decisamente notevoli.